martedì 31 marzo 2009

Definizione e trattamento cosmetico della cellulite

Il termine cellulite, o meglio "lipodistrofia sottocutanea" o "dermo-ipodermosi", oppure il più completo "pannicolopatia edemato-fibrosclerotica" (PEFS) definiscono un'alterazione degenerativa del tessuto dermico e ipodermico.
Non confondiamola con I'adipeIn primo luogo occorre distinguere tra cellulite e adiposità localizzata. Quest'ultima non è altro che un aumento in numero e in volume degli adipociti, ovvero le cellule adipose localizzate nello strato più profondo della pelle, l'ipoderma. Nel caso di un'adiposità localizzata, non c'è alcuna disfunzione dermica o ipodermica, ma semplicemente un aumento degli adipociti. La cellulite, invece è una vera e propria disfunzione che non colpisce solo l'ipoderma, ma ancheil derma sovrastante che va incontro ad alterazioni percepibili al tatto. Di conseguenza, anche l'epidermide subisce trasformazioni visibili già a occhio nudo.Tra le cause dell'addensamento fibroso a livello del derma hanno un ruolo molto importante le modificazioni del quadro ormonale femminile. L'eccesso di estrogeni ha sicuramente un ruolo scatenante. Nonostante la relazione causa-effetto sia ormai certa, non è ancora chiaro come questa attività ormonale produca la trasformazione cellulitica delle fibre dermiche. A pari merito con gli ormoni troviamo poi i disturbi circolatori, responsabili, in particolare, dell'edema dermico. La permeabilitàdei vasi sanguigni (arteriole, capillari e venule) e linfatici che irrorano la zona, aumentaprogressivamente, per cui una parte del liquido che fuoriesce da essi non vi rientra. e ristagna tra le cellule. È per questo che la cellulite si accompagna spesso a gonfiore.Non è un caso, perciò, che nei preparati anticellulite, non manchino princìpi attivi antiedemigeni, quali saponine, terpeni ed escina. Tutte queste sostanze hanno un'attività capillare-protettrice, cioè ripristinano la normale struttura delle pareti vasali. E quando l’edema si riassorbe,la situazione migliora. Ma la cattiva circolazione è responsabile anche di una condizione assai frequente nella cellulite, e cioè l'ipotermia “a mosaico” così definita perché la temperatura nella zona interessata varia da un punto all'altro, a pelle di leopardo. La temperatura è più bassa dove c'è una situazione di ristagno. L'aspetto circolatorio ha un'importanza particolare perché dove c'è ristagno compaiono sia l'edema sia l'ipotermia. La pelle cellulitica ha un colore cianotico e grigio-giallastro, in quanto la ridotta circolazione capillare le impedisce di assumere il suo fisiologico colorito roseo.
Trattamenti cosmetici?La moderna estetica professionale punta su due azioni specifiche: antiedemigena e lipolitica.
Derivati vegetali antiedemaL'escina o l'ederina sono principi attivi presenti rispettivamente nei semi di ippocastano (Aesculus hippocastanum) e nelle foglie di edera (Hedera helix). Tali sostanzesvolgono una marcata attività antiedema e hanno un positivo effetto sulla fragilità e pemeabilitàcapillare per cui danno risultati soddisfacenti nel trattamento di cellulite edematosa, dove è evidente il ristagno interstiziale dovuto all'aumento della permeabilità dei piccoli vasi. La loro azione si svolge su tre fronti:
-aumento della resistenza vasale e miglioramento della circolazione;
- aumento della rimozione ed eliminazionedei liquidi ristagnanti nei tessuti;
-effetto antinfiammatono e anticongestizio.
Ottimi risultati si sono ottenuti anche con altre sostanze di origine vegetale ad azione simile a quella delle piante sopraccitate, quali il rusco (Ruscus aculeatus), la centella (Centella asiatica), l'uva (Vitis vinifera), e la betulla (Betulla alba). La centella in particolare si è dimostrata eccezionale poichè è in grado di stimolare una particolare proteina adesiva, chiamatafibronectina. che funge da "tacca" sulle pareti dei vasi.
Derivati vegetali IipoliticiLa caffeina e derivati vegetali che la contengono: noce di cola, semi e foglie di caffé, foglie di tè (Cola acuminata, Coffea arabica, Camelia sinensis). Questi estratti provocano un aumento della lipolisi, con positivi effetti sulla riduzione adipocitaria a livello periferico. La caffeina dimostra di possedere un ottimo coefficiente di penetrazione trans epidermico in virtù della sua struttura molecolare. Possono venire impiegati anche estratti di alcune alghe come la quercia marina (Fucus vesiculosus) contenenti iodio organico in piccole quantità, oppure gli alginati.La forma cosmetica più idonea è la crema, in grado di veicolare principi attivi sia idro che liposolubili ed è anche facilmente massaggiabile. Una delle più interessanti novità e l’inserimento di componenti con effetto promotore all’interno delle formulazioni cosmetiche, che devono agire più in profondità; sostanze capaci di agire da acceleratori del passaggio attraverso la pelle di alcuni ingredienti funzionali. Questi attivatori di recente introduzione nel settore cosmetico hanno la caratteristica di facilitare la penetrazione di alcune sostanze funzionali quali l’escina e la caffeina. Tra i più efficaci troviamo il limonene, derivato naturale ricavato dalle bucce degli agrumi (Citrus arantium, Citrus Limonum, Citrus grandis).

ELADREN Latte: Detergere con dolcezza

Lo raccomandano i dermatologi. Pulire, detergere, insistere con scrub e prodotti specifici, anche e soprattutto con l'arrivo della bella stagione, in vista dell'estate e dei suoi fasti.Ma, importante per essere in linea con i dettami della dermatologia, é anche l`uso di prodotti idonei: si tratta di detergenti "dolci", adatti a ogni tipo di epidermide, anche la più sensibile e delicata, perfetti per garantire un efficace programma di pulizia profonda.Anche e soprattutto con l`arrivo della bella stagione, la detersione diventa un gesto quotidiano da non dimenticare mai, pena una pelle spenta, poco elastica, priva di luce e turgore. Insomma, per sfoggiare un incarnato da star é indispensabile non dimenticare il detergente!Un esempio, fra i prodotti specifici, é ELADREN LATTE della linea ELADREN, un modernissimo detergente che pulisce la pelle per affinità lipidica e non per azione schiumogena. E' un latte di pulizia universale perfetto per la pulizia del viso, ma anche specifico per il corpo e per la delicatissima epidermide del neonato o dell'anziano.

I prodotti solari: SPF-Formulazione-Consigli di applicazione

UVA e UVB È ampiamente accertato che l'eccesso di esposizione alla luce solare, particolarmente ai raggi ultravioletti, abbia effetti nocivi sulla pelle umana. Entrambe le parti delle radiazioni che giungono sulla superficie terrestre, la gamma di lunghezza d'onda corta (raggi UVB 290-320 nm) e quella lunga (raggi UVA 320-400 nm) inducono cambiamenti nelle condizioni fisiologichedella cute: la luce ultravioletta può modificare la struttura e/o la funzionalità di componenti cellulari come proteine, lipidi o delle stesse molecole del DNA. La sovraesposizione ai raggi solari fa perdere, inoltre, la capacità di comunicare alle cellule circostanti fino al punto di provocare il processo di degenerazione cellulare detto apoptosi. Sembra che i raggi ultravioletti di tipo B interagiscano direttamente con le molecole della pelle che assorbono nel loro campo d'azione, mentre i radicali liberi e alcune specie reattive dell'ossigeno mediano gli effetti nocivi dei raggi UVA. Anche i cambiamenti visibili della pelle come l'eritema (cambiamento immediato) e la formazione di segni d'espressione e rughe (cambiamento a lungo termine) sono direttamente proporzionali alla quantità di luce cui la pelle è stata esposta nel corso del tempo. Per questo motivo il compito degli schermi solari è quello di proteggere la cute dai danni indotti dagli ultravioletti, e garantire la salute della pelle durante e dopo i bagni di sole.
Fattore di protezione solare SPF (Sun Protection Factor)Dal punto di vista storico i prodotti solari sono nati con la funzione di prevenire I'arrossamento cutaneo (eritema). Per questo motivo da più di 30 anni il fattore di protezione solare SPF (Sun Protection Factor) o anche, in italiano, IP, ovvero (Indice di Protezione), viene determinato e riportato sulle etichette. Si tratta di un indice di misura del grado di protezione dai raggi UVB del sole ottenuto misurando sperimentalmente la diminuzione dell'eritema da irraggiamento causato, per l'appunto, da questo tipo di raggi. La cifra ottenuta dalle prove viene utilizzata per comunicare al consumatore la capacità protettiva del prodotto che sta per utilizzare, in modo da garantirgli una tutela adeguata secondo il tipo di pelle e l'esposizione solare prevista. In passato i prodotti solari proteggevano soltanto dagli UVB, mentre gli UVA erano ritenuti innocui, tanto da essersi diffusa l'abitudine di sottoporsi a lampade artificiali con raggi di queste frequenze, che consentono un rapido e momentaneo inscurirsi della pelle. Solo di recente tali raggi sono stati riconosciuti causa del cosiddetto fenomeno del photoaging, ovvero l'invecchiamento da esposizione solare caratterizzato da forti rughe e segni d'espressione che è facile osservare sulle persone che subiscono per motivi professionali lunghe esposizioni, come marinai e maestri di sci. Oltre alla protezione dagli UVB responsabili dell'eritema, quindi, oggi è necessaria una protezione efficace contro i raggi UVA; di conseguenza i preparati più recenti utilizzano un insieme di sostanze filtranti e schermanti che proteggono da entrambi i tipi di radiazione. L’abbronzatura è fondamentalmente un sistema di protezione naturale della nostra pelle, conseguente a un insulto fisico. Infatti la prima reazione ai sole, ovvero l'arrossamento, è una risposta infiammatoria che mobilita a cascata le cellule del sistema immunitario. Si è osservato, tra l'altro, in prove di laboratorio, che il danno avviene già a dosi suberitematose, cioè prima di accorgersene per il rossore. Da qui è sorto il dubbio se l'SPF fosse sufficiente come indice completo di sicurezza dei prodotti solari durante le esposizioni.Allo stato attuale, sebbene siano aumentate le segnalazioni riguardo altri tipi di effetti nocivi, è ancora opinione diffusa che l'SPF rimanga l'informazione di riferimento degli schermi solari: in diversi esperimenti è risultato sempre proporzionale ad altri tipi di danno. Il consumatore è abituato, inoltre, a scegliere proprio tramite la cifra dell'SPF il prodotto adatto alla sensibilità specifica della propria pelle e all'esposizione cui è sottoposta, e quindi appare molto pratico utilizzare questo riferimento. È importante, comunque, porre molta attenzione sul fatto che si tratta di una misura di laboratorio relativa ai raggi UVB, e che, rispetto al valore ottenuto, esistono diversi fattori che influenzano l'efficacia pratica di protezione nell'utilizzo reale. Tra questi: il sistema filtrante, la formulazione complessiva del prodotto e il metodo di valutazione stesso. Infatti è solo dal 1994 che esiste un metodo ufficiale europeo, quello del comitato detto COLIPA. Prima di tale data coesistevano valori misurati secondo le norme americane, che risultavano più elevati, assieme a quelli più bassi ottenuti secondo le norme tedesche DIN. Per questo motivo qualche anno fa le protezioni leggere, tipo 6 o 8, misurate col metodo americano proteggevano molto meno rispetto a quelle, misurate "alla tedesca", con un certo rischio di scottature per i consumatori che passavano da un prodotto all'altro con diverse scale. Oggi, per fortuna, dopo l'avvento del metodo COLIPA questo non dovrebbe più accadere. Ancora più complessa è la questione riguardante i raggi UVA, che pur non dando problemi di eritema, penetrano in profondità, danneggiando collagene ed elastina del derma. L’indice di protezione SPF adatto a tali raggi è difficile da stabilire, dal momento che non provocano arrossamento, che è il parametro misurato nella valutazione dell'SPF classico. Alcuni produttori ora indicano anche dei valori per la protezione UVA, che però possono essere ottenuti con prove di tipo molto diverso, non esistendo ancora un metodo unico ufficiale.
FormulazioniLa funzione principale di un prodotto solare è quella di filtrare i raggi ultravioletti, e di esercitare quest'azione nel modo più efficace possibile. Per assicurare una buona protezione occorre:
un buon sistema filtrante;
una buona formulazione complessiva, per permettere ai filtri di funzionare in modo ottimale e stimolare chi li utilizza a ripetere le applicazioni con facilità e comodità. La tollerabilità è un requisito fondamentale, perché i solari vengono applicati su una pelle che si troverà sottoposta a condizioni di stress. Per questo motivo è molto importante che i prodotti con elevato fattore di protezione, che contengono quantità elevate di sostanze filtranti, siano sottoposti alle prove necessarie per escludere il loro potenziale d'irritazione e sensibilizzazione. Inoltre, proprio perché sono applicati su una vasta superficie, i prodotti non dovrebbero contenere altri ingredienti che, una volta applicati, possano dimostrare effetti indesiderati. Al giorno d'oggi esistono parecchie categorie chimiche di filtri UV: i classici cinnamati, i benzofenoni, i derivati del PABA, del dibenzoilmetano, i pigmenti inorganici e infine quelli più nuovi, con piccole catene laterali siliconiche o costituiti da microparticelle solide di filtri resi insolubili. La tendenza nel campo dei prodotti solari è, comunque, quella di utilizzare differenti molecole per coprire tutta la gamma dei raggi ultravioletti con piccole quantità totali di filtro. Ma c'è un altro motivo che spinge a usare associazioni di filtri, oltre a quello di coprire tutte le bande di ultravioletti dannose: la ricerca di un parametro detto fotostobilità. Non basta infatti assorbire le radiazioni efficacemente, ma occorre farlo a lungo. Una sostanza destinata a bloccare la radiazione solare deve possedere un'elevata stabilità chimica e fisica. Se non fosse così il contatto prolungato con la luce comporterebbe un rapido consumo del filtro. Come elastici tesi troppo a lungo, le molecole potrebbero decomporsi o esaurire definitivamente la loro capacità di assorbimento. È possibile che, al momento della prova per misurare il fattore di protezione, si ottengano gli stessi risultati di altre sostanze, ma, nella realtà, durante l'esposizione solare prolungata, alcune si "consumano" più rapidamente di altre, perdendo d'efficacia. Per limitare il più possibile questo problema, risulta utile associare sostanze schermanti in modi e quantità particolari, così da far durare nel tempo l'azione di protezione. La selezione dei filtri ultravioletti appropriati è una scelta cruciale che spetta al formulatore. Le molecole schermanti non sono tutte egualmente efficienti, alcune sono decisamente più "potenti" di altre. Filtri ad alto assorbimento di solito in formula hanno un rendimento elevato, e portano a un elevato SPF. Ma un certo effetto di saturazione viene raggiunto oltre determinati livelli e aumentando la concentrazione del filtro il fattore di protezione non migliora più. Ad esempio, nel caso dei filtri a rendimento elevato come Octyltriazone o Metylbenzylidene Camphor, una piccola concentrazione è già sufficiente per realizzare un fattore di protezione relativamente alto, che però non aumenta all'aumentare delle dosi. Si può evitare quest'effetto di saturazione aggiungendo un altro filtro, che non deve essere uno qualsiasi. Infatti, in diverse sperimentazioni molte combinazioni di filtri ultravioletti non hanno dimostrato alcun effetto sinergico. Un evidente miglioramento si ottiene invece quando si aggiunge un filtro UVA. Anchese i raggi UVA hanno solo una minima attività eritematogena, si è notato che non si può raggiungere alti valori di SPF senza alcuna protezione UVA. In Australia, dopo che si era levata qualche preoccupazione circa la frase "protezione ad ampio spettro" scritta su prodotti a basso fattore di protezione, la normativa è stata cambiata, e ora per dichiarare in etichetta tale protezione bisogna garantire un fattore di protezione di almeno 15. È stato osservato sperimentalmente che, a pari quantità di sostanza attiva filtrante nella formulazione, emulsioni più fini assorbono meglio. Il fattore di protezione di un'emulsione segue, infatti, nella maggior parte dei casi una regola semplice: più piccola è la dimensione delle goccioline disperse più alto è il valore di SPF. L'efficacia di uno schermo solare nella formula può di conseguenza essere migliorato intervenendo sullo scorrimento dell'emulsione (che controlla la stendibilità del prodotto) e sulla distribuzione di dimensione delle particelle (che controlla la formazione di un film uniforme sulla cute). Anche la sostantività, cioè la capacità di formare uno strato uniforme adesivo sull'epidermide, è molto importante in un solare: se una qualsiasi zona della pelle non è adeguatamente coperta di prodotto, si può avere danno ed eritema. Così nelle formule recenti è presente un equilibrio tra i lipidi "a tatto secco", come gli esteri ramificati e gli alchilbenzoati (che forniscono alta spandibilità al prodotto e sono, inoltre, buoni solventi dei filtri) e altri più persistenti, come i copolimeri di PVP/eicosene, per ottenere film spessi e continui di filtri perfettamente funzionali. Anche i siliconi a basso punto di fusione possono essere usati per miglioare le proprietà filmogene dell'emulsione. Questo tipo di ingredienti determina sia la resistenza all'acqua che al sudore (valore ideale: almeno il 70% di SPF residuo dopo un bagno di 20 minuti). In ogni caso, una texture gradevole che includa proprietà come la spandibilità, l'invisibilità una volta applicatoil prodotto e, in generale, una complessiva facilità d'uso, è molto ricercata, dato che l'efficacia dei filtri è collegata alla frequenza d'uso, a sua volta condizionata dalla comodità di applicazione del prodotto solare da parte del consumatore.
Regole di comportamento
Esporsi gradualmente.
Utilizzare prodotti che proteggano anche dagli UVA.
Identificare il proprio fototipo, per adottare le misure protettive adeguate. Limitare, in ogni caso, la durata delle esposizioni al sole nelle prime giornate di esposizione: la pelle va abituata gradualmente, soprattutto se il fototipo è basso (pelli chiare e sensibili). All'inizio è preferibile esporsi nelle prime ore della mattina e nel tardo pomeriggio, quando i raggi UV sono filtrati più efficacemente dall'atmosfera: in questo modo si può ottenere l'abbronzatura gradualmente.
Stare all'ombra tra le 11 e le 15 (12 - 16 ora legale): in tale momento della giornata il sole è allo zenith e i raggi ultravioletti sono più intensi. Quando disponibili, cercare di trarre profitto dalle informazioni sull'intensità dei raggi UV (bollettino UV), emanate dalle autorità di molti paesi, e seguire i consigli dati. Anche con tempo nuvoloso, le radiazioni sono presenti (soprattutto a certe latitudini e altitudini). Proteggere sempre gli occhi con occhiali da sole e non esitare a ricorrere ai vestiti quando l'intensità dei raggi solari è particolarmente elevata.
Ricorrere sempre ai prodotti solari (creme, oli, stick, latti) scegliendo il fattore di protezione in base al proprio fototipo. Il fattore di protezione di una crema solare viene calcolato in laboratorio con una quantità di crema che è spesso più abbondante rispetto a quella che in realtà il consumatore applica sulla propria pelle. Il fattore di protezione non corrisponde, quindi, alla quantità di tempo che si può passare in più al sole senza danni. Per prudenza è bene considerare che il fattore di protezione del prodotto usato può variare fino al 30% di quello indicato, a seconda del modo in cui viene applicato.
Proteggere sempre i bambini e anziani, che hanno una pelle delicata e si scottano facilmente. Per loro è consigliabile usare sempre creme solari con protezione massima. Ricordarsi che le scottature subite in età infantile rappresentano un fattore di rischio per la successiva comparsadel melanoma, mentre nell'età matura diminuiscono le difese immunitarie della pelle.
Chi svolge attività sportive al sole deve applicare i prodotti con una frequenza maggiore: la sudorazione, infatti, favorisce l'allontanamento dalla pelle dei prodotti solari. Conviene riapplicare spesso il prodotto, soprattutto dopo il bagno, anche se è resistente all'acqua. In ogni caso, qualsiasi filtro offre una protezione di durata limitata nel tempo ed è quindi consigliabile rinnovare spesso l’applicazione.
Attenzione alle superfici riflettenti: neve, ghiacciai e, in minor misura, l'acqua del mare riflettono la luce solare aumentando la quantità di raggi UV che colpiscono la pelle. È bene ricordarsi che l'azione del sole non è uguale in tutte le parti del mondo: ai tropici anche chi ha la carnagione scura necessita di un fattore di protezione molto alto. Bisogna considerare sempre in quale area geografica ci si sta esponendo, in che periodo dell'anno e a quale altitudine.
Evitare l'applicazione di prodotti fotosensibilizzanti (farmaci o cosmetici) sulla pelle e non esporsi se si assumono medicinali che possorio dare reazioni al sole. Per sicurezza chiedere consiglio al proprio medico o al farmacista.
Può essere utile usare prodotti doposole con proprietà lenitive e idratanti dopo l'esposizione al sole.

Estratti vegetali e oli essenziali in cosmetica

Le sostanze funzionali sono gli ingredienti che determinano, come suggerisce il nome, la funzione specifica di un cosmetico. All'interno di ciascun prodotto possono essere presenti in numero e quantità diversi, anche se spesso al consumatore viene comunicata la presenza, tramite I'etichetta o la pubblicità, solo delle sostanze più conosciute o ritenute più importanti dal mondo del commercio. Possono avere efficacia immediata, oppure agire solo dopo un certo tempo. Ad esempio, i filtri solari rappresentano un ottimo ingrediente anti-invecchiamento, ma la loro efficacia antirughe è visibile solo con un utilizzo continuo. Dal momento che i cosmetici vengono giudicati efficaci quando migliorano rapidamente l'immagine, spesso chi li utilizza apprezza solo i cambiamenti istantanei dopo l'applicazione. Le sostanze funzionali possono essere di tipo e origine diversa: di sintesi organica (come alcuni filtri solari), sotto forma di sali inorganici (come, ad esempio, i sali di alluminio utilizzati negli antitraspiranti), di origine animale (sempre meno utilizzati dopo l'epidemia di BSE, l'encefalopatia spongiforme bovina, ovvero la malattia della "mucca pazza") e, infine, quelle di origine vegetale, le più diffuse. Il gran successo di quest'ultima categoria è dovuto essenzialmente a tre motivi. Innanzi tutto, il sempre maggiore interessamento riguardo al tema dello sfruttamento e della violenza verso gli animali porta i consumatori a ritenere più "morale" l'utilizzo delle piante per i prodotti di bellezza. I casi recenti di contagio e morte di esseri umani a causa della BSE, di origine bovina, hanno contribuito alla diffusione dei derivati vegetali. Infine la crescente sfiducia nelle promesse della tecnologia fa si che la gente guardi con un certo timore i prodotti chimici di sintesi. Le piante vengono percepite, all'opposto, come elementi naturali e positivi. Una recensione sistematica dei derivati vegetali utilizzati in cosmetica è molto difficile, data la quantità di materie prime di tale origine presente sul mercato e il continuo avvicendarsi delle mode nel loro utilizzo. È possibile, comunque, organizzare un elenco dei derivati più diffusi (indicati di seguito con il rispettivo nome INCI, con cui vengono scritti sulle etichette degli ingredienti dei cosmetici) catalogati secondo funzionalità indicative:funzione astringente:- Rusco (Ruscus aculeatus);- Tè (Camelia sinensis);- Amamelide (Hamamelis virginiana);funzione lenitiva:- Calendula (Calendula officinalis);- Camomilla (Chamomilla recutita);- Aloe (Aloe borbadensis);- Liquirizia (Glycyrrhiz glabra);funzione purificante/batteriostatica:- Tea Tree Oil (Melaleuca alternifolia);- Pompelmo (Citrus grandis);- Rosmarino (Rosmarinus officinalis);funzione antirughe: - Ginseng (Panax ginseng);- Soia (Glycine soia);- Burro di Karitè (Butirospermum parkii);funzione coadiuvante microcircolo:- Centella (Centella asiatica);- Mirtillo (Vaccinium myrtillus);- Ginkgo (Ginkgo biloba);funzione schiarente:- Uva ursina (Arctostaphylos uva-ursi);funzione coadiuvante cellulite:- Ippocastano (Aesculus hippocastanum);- Fucus (Fucus vesicolosus);funzione colorante:- Henné (Lawsonia inermis);- Noce (Juglans regia);funzione emolliente:- Olio di Avocado (Persea gratissima);- Olio di Mandorle (Prunus dulcis);- Olio di Jojoba (Simmondsia chinensis o buxus chinensis);- Olio di Oliva (Olea europaea).
Gli Oli essenzialiEsiste una categoria di sostanze funzionali vegetali che merita un discorso a sé, per il particolare tipo di molecole che la compone e per l'indubbio successo del suo utilizzo in cosmetica: si tratta degli oli essenziali. Sono sostanze odorose dall'aspetto oleoso, volatili a temperatura ambiente, ampiamente diffuse nel mondo vegetale da cui vengono estratte. Insolubili o pochissimo solubili nell'acqua, sono invece molto solubili nell'alcool e nell'etere. Vengono definiti anche oli volatili od oli eterei, per distinguerli dagli oli fissi od oli grassi (categoria alla quale appartengono i comuni oli alimentari da condimento). Nelle piante si trovano per lo più già formati all'interno di cellule specifiche e sono costituiti da miscele di molecole diverse tra loro. Regola invariabile è che si tratta di sostanze a basso peso molecolare: è questo fatto che rende i loro composti leggeri, volatili, penetranti e, soprattutto, odorosi. Gli oli essenziali vengono estratti da diverse parti della pianta, ad esempio dai fiori, dalle foglie, dai legni, dalle radici e dai semi. A volte provengono da secreti come resine o lattici. Esistono diverse tecniche per estrarli, a seconda del modo in cui sono contenuti nella materia vegetale. Tra i metodi di estrazione più comuni, quello della spremitura, utilizzato tipicamente per gli agrumi, in cui parti notevoli di oli essenziali si trovano nella scorza. La distillazione con vapore d'acqua viene invece utilizzata per la maggior parte delle altre essenze. Attraverso l'estrazione con solventi si ottengono buone quantità di oli essenziali, contenenti però tracce residue delle sostanze tecniche utilizzate per il processo, e quindi di minor qualità e non adatti all’utilizzo per ingestione. Le attività cosmetiche accertate per gli oli essenziali sono essenzialmente di quattro tipi:attività profumante: diverse indagini sono state condotte su come l'inalazione di essenze influenzi la psiche umana. In ogni caso la gradevolezza delle profumazioni e il benessere che esse assicurano ai consumatori è molto importante in campo cosmetico; attività purificante: gli oli essenziali sono antibatterici, soprattutto contro i batteri Gram-positivi, diffusi sulla cute e coinvolti nel processo della formazione del cattivo odore durante la sudorazione e nelle manifestazioni inestetiche dell'acne giovanile;attività rubefacente: alcuni oli essenziali provocano un arrossamento della cute e questo tipo d'azione può a volte essere richiesta in particolari prodotti da massaggio, i cosiddetti revulsivi;attività lenitiva: certi oli essenziali, come quello di camomilla, che contiene bisabololo, hanno dimostrato una certa attività di tipo lenitivo sulla cute.In accordo con tali funzionalità accertate, le principali applicazioni degli oli essenziali risultano nel campo degli oli da bagno (azione profumante), dei prodotti da massaggio (azione rubefacente), dei prodotti per purificare la pelle (azione antibatterica) e dei deodoranti (sia per l'azione antibatterica, sia per quella profumante). Il fatto che si tratti di estratti di derivazione vegetale, spesso da piante d'utilizzo alimentare, non deve tuttavia fare trascurare attenzione nel loro utilizzo. Una volta distillate, le concentrazioni delle essenze sono molto più elevate che nella pianta d'origine, quindi è possibile che si accumulino enormi quantità tramite l'applicazione diretta sulla pelle. Data la loro natura chimica di molecole piccole e lipofile, la penetrazione cutanea è notevole, con facile passaggio transdermico e possibile manifestazione di effetti generali sistemici.Tra l'altro, si ripropone per gli oli essenziali un problema comune a tutti i derivati vegetali: la variabilità del contenuto secondo la stagione o la zona di raccolta. La loro composizione può cambiare molto, e ciò costituisce un ostacolo per l'industria cosmetica che ricerca la costanza della qualità e della composizione chimica.
Tratto da “Cosmetologia - Guida visuale, di Mauro Prevedello” edito da Tecniche nuove

Gli additivi nei prodotti cosmetici: categorie e funzioni

Si tratta di sostanze aggiunte, generalmente in piccole quantità, per migliorare la qualità, la sicurezza o l'aspetto di un prodotto cosmetico. I conservanti, ad esempio, ne migliorano la sicurezza, i coloranti l'aspetto, gli antiossidanti la qualità complessiva.
I ConservantiI conservanti controllano la crescita dei microrganismi nei prodotti. Si tratta di una categoria di sostanze con un'azione tossica il più possibile selettiva verso batteri e funghi. L’assenza di microrganismi è importante per la sicurezza dei consumatori, in quanto un prodotto mal conservato si può deteriorare ed essere fonte di infezioni per chi ne fa uso. I conservanti sono perciò necessari, ma possono essere anche causa di reazioni allergiche: per questo la legge ne disciplina le tipologie e le quantità massime utilizzabili nei prodotti di bellezza. Recentemente sono comparsi sul mercato prodotti che sull'etichetta vengono dichiarati ''senza conservanti". In realtà, l'unico tipo di prodotto che potrebbe fare a meno di tali sostanze è il cosmetico monodose in confezione sterile; esso è però poco diffuso, dal momento che solo pochi produttori scelgono questo tipo di confezionamento, giudicato antieconomico dal punto di vista del contenuto e poco ecologico per la quantità di materiale necessaria al confezionamento di dosi limitate. Inoltre, c'è il rischio che i consumatori disattenti lo utilizzino come un flacone comune, prelevando il prodotto in più volte consecutive, con conseguenti pericoli dovuti alla cattiva conservazione delle quantità residue. Spesso, i prodotti definiti "senza conservanti" sono cosmetici autoconservati, che presentano proprietà, create dai progettisti, che ostacolano e rallentano la crescita dei microrganismi. Ad esempio, pH molto acidi o molto alcalini, seppure ancora compatibili con determinati utilizzi cosmetici, rallentano la crescita dei microbi. Vengono anche utilizzate sostanze che legano l'acqua, in modo che questa non sia più disponibile per la crescita dei batteri. Anche la presenza di sostanze funzionali, come gli oli essenziali, che possiedono una certa attività antibatterica, aiuta la conservazione. Studi di marketing hanno mostrato che i consumatori prediligono i prodotti in vasetto, che purtroppo sono quelli a maggior rischio di inquinamento microbico, visto il continuo inoculo di batteri che si effettua col prelievo tramite le dita durante l'uso quotidiano. La ricerca di strategie d'innocuità, quindi, è molto importante nel campo della sicurezza dei cosmetici: la tendenza attuale è quella di utilizzare molti conservanti di tipo diverso, ma in piccolissime dosi, in modo da ridurre la tossicità complessiva a parità d'effetto.I ColorantiLa loro funzione generale è quella di rendere l'aspetto del cosmetico il più gradevole possibile. Si possono suddividere in:coloranti naturali;coloranti sintetici.Tra i coloranti presenti in natura e utilizzati nel campo cosmetico si hanno la clorofilla (verde) e il carotene (giallo-arancio). Dal punto di vista della solubilità possono essere ulteriormente distinti in:coloranti solubili in acqua;coloranti solubili nei grassi;coloranti dispersibili;coloranti insolubili (lacche e pigmenti).Coloranti solubili nell'acqua saranno indicati per prodotti con base acquosa come shampoo e bagnoschiurna, mentre quelli solubili nei grassi per prodotti oleosi, come oli solari e da massaggio. Nei prodotti decorativi la principale funzione del colore è invece quella di modificare e rendere più gradevole l'aspetto di zone specifiche dell'epidermide. In questo caso il colore deve poter essere steso in modo uniforme sulla cute, deve essere facilmente asportabile e non colorare la pelle sottostante in modo duraturo: perciò sono necessari colori non solubili, come lacche e pigmenti. Le lacche sono sali di coloranti idrosolubili fissati su particelle di sali inorganici che fanno da supporto. I pigmenti sono invece sali minerali come, ad esempio, gli ossidi di ferro. Le loro tonalità, che vanno dal rosso-bruno fino al nero, adeguatamente mescolate con pigmenti bianchi, consentono di ottenere le gamme rosate presenti in prodotti come cipria, fondotinta e creme colorate. Ossidi di ferro colorano anche i mascara, mentre le tonalità rosse dei prodotti per le labbra sono ottenute per lo più tramite lacche. In altri prodotti, come gli ombretti, sono utilizzati anche sali di cromo (verde), di titanio (bianco), di alluminio (blu-viola).Profumi e aromiNella maggior parte dei cosmetici sono presenti apposite composizioni profumate, preparate da ditte specializzate, che dichiarano la sicurezza per l'utilizzo a concentrazioni specifiche nel particolare tipo di prodotto per cui devono essere usate. All'interno dei profumi possono essere presenti sia oli essenziali estratti da piante, sia molecole di sintesi chimica. Essendo le profumazioni costituite da diverse molecole di piccola dimensione, lipofile e molto penetranti, i prodotti ad alte concentrazioni di fragranze sono in genere poco datti ai soggetti sensibili.Secondo la nomenclatura INCI le fragranze sono indicate in etichetta come "Parfum", mentre gli aromi come "Aroma". Molte persone confondono tra loro i due concetti, equivocando con il senso del gusto. Innanzi tutto, il gusto risiede nelle papille gustative della lingua, che percepiscono solo dolce, salato, acido e amaro. L’aroma è, invece, una percezione legata alle vie olfattive. La prova comune di questo fatto è la perdita del piacere del cibo quando si è raffreddati.
Esistono quindi due vie diverse per raggiungere l'epitelio olfattivo: la prima, diretta, dal naso, dà la percezione degli odori dall'esterno ed è la via dei profumi; la seconda, indiretta, passa all'interno della cavità orale - è retro nasale - e dà la percezione dell'aroma.A livello pratico gli aromi, essendo ingeriti, devono sottostare a controlli di qualità e sicurezza particolari. Ovviamente si troveranno in tutti quei prodotti cosmetici che vengono a contatto con denti, bocca e mucosa orale in genere: dentifrici, collutori, rossetti, burrocacao e lucidalabbra.
Gli AntiossidantiLa loro funzione principale è quella di inibire le reazioni scatenate dall'ossigeno, e di proteggere quindi gli ingredienti di una formula dall'irrancidimento e dall'ossidazione. L'irrancidimento è una reazione per cui certi grassi, in presenza di ossigeno ambientale, si decompongono, producendo sostanze maleodoranti. Tra i principali antiossidanti:BHT (butilidrossitoluene);BHA (butilidrossianisolo);Tocopheryl acetate;Ascorbyl palmitate.Si tratta di sostanze introdotte in formula per agire sul prodotto, a differenza degli antiossidanti utilizzati come sostanza funzionale per proteggere le cellule dall'invecchiamento, che sono destinati ad agire invece nei tessuti viventi della cute.
I Sequestranti (o chelanti)Servono a sequestrare gli ioni di metalli presenti (rame, ferro, etc.) che potrebbero favorire reazioni ossidative o interferire con alcuni ingredienti del prodotto. Le loro molecole possiedono delle specie di chele strutturali che bloccano gli ioni togliendoli, cioè sequestrandoli, dalle reazioni che potrebbero scatenare. Per questo motivo sono detti sequestranti o chelanti. Tra di essi :Disodium EDTA;Pentasodium pentetate;Tetrasodium etidronate.
Tratto da “Cosmetologia - Guida visuale, di Mauro Prevedello” edito da Tecniche nuove

I siliconi in cosmetica: chiariamo alcuni dubbi

La cosmesi moderna è alla continua ricerca d'ingredienti che generino sensazioni nuove nei consumatori, ed è quindi molto attenta a tutto ciò che può modificare l'aspetto sensoriale dei prodotti di bellezza. I siliconi costituiscono indubbiamente una categoria di materie prime dal tatto particolare. Parlando di loro, si pensa subito alla gelatina trasparente che viene deposta sui bordi dei bagni e delle docce per bloccare infiltrazioni e perdite. Cosa ha a che fare questo materiale singolare con i cosmetici? È un "parente lontano" che condivide, però, alcune delle caratteristiche generali della famiglia, le stesse caratteristiche che, sotto forma di ingrediente cosmetico, garantiranno particolari effetti anche nei prodotti di bellezza. L’elemento da cui derivano i siliconi è il silicio. Esso proviene dalla silice o biossido di silicio (SiO2), di cui è costituita la comune sabbiaFurono due chimici parigini, Friedel e Crafts, che per primi, nel 1877, realizzarono composti in cui radicali organici di carbonio erano attaccati direttamente al silicio: per tale motivo questa sintesi porta il loro nome. La loro prima apparizione nel mondo della cosmesi avvenne intorno alla fine degli anni '60: all'inizio entrarono lentamente tra gli ingredienti delle formule cosmetiche, come additivi da usare in piccole dosi per rendere maggiormente idrorepellenti creme protettive o prodotti solari. Il periodo successivo vide la loro diffusione nei prodotti per capelli, quali districanti e lucidanti, o come additivi per migliorare la stendibilità e la sericità delle creme, o semplicemente per togliere il cosiddetto "effetto bianco" al momento dell'applicazione delle emulsioni. I siliconi, infatti, agendo sulla tensione superficiale, impediscono la formazione della microschiuma che si crea quando si stendono le creme su ampie zone cutanee ricche di peli o poco lisce (un effetto sgradevole che dà la sensazione di cattivo assorbimento del prodotto). È solo di recente, comunque, che l'utilizzo di tali sostanze ha cominciato a diffondersi: sono oggi comparse emulsioni totalmente siliconiche e si è assistito a un boom dei siliconi volatili, particolari derivati a catena molto breve o ciclica, utilizzati come ingredienti base del trucco no transfer. Caratteristiche e tipologie di siliconi Non esiste un solo tipo di silicone, ma una serie di materiali diversi con una caratteristica in comune: la presenza degli elementi silicio e ossigeno. È proprio il ripetersi di questa alternanza Si-O-(Si-O)n, . . . . che costituisce la spina dorsale di questi prodotti chimici e ne determina alcune delle particolari proprietà. L'elevata forza del legame silicio-ossigeno (Si-O), rispetto ai comuni legami carbonio-carbonio (C-C) o carbonio-ossigeno (C-O), determina la grande stabilità chimica e termica di questi composti; l'elevata lunghezza di legame determina invece una bassissima resistenza alla rotazione e quindi un'enorme flessibilità delle molecole. Questo fatto ha due importanti conseguenze: la prima è quella di permettere la libera rotazione delle catene laterali, fatto che genera la particolare sensazione vellutata al tatto tipica di queste sostanze; la seconda è quella di facilitare la diffusione di molecole gassose all'interno della struttura polimerica: questo implica, nelle formulazioni cosmetiche, la formazione di film traspiranti sulla superficie della pelle. A queste caratteristiche di specie si aggiungono poi quelle legate a tutti gli altri parametri che possono essere modificati nella struttura del polimero. La catena base può dare diversi prodotti, che variano dai siliconi ad anello, i ciclosiliconi, fino alle catene lineari di varie lunghezze. Possono essere collegati molti tipi di catene molecolari ai due legami liberi del silicio lungo lo scheletro silicio-ossigeno. Quando le catene laterali sono costituite da un atomo solo di carbonio si ha il polidimetilsilossano, o simeticone. Questo composto è utilizzato oggi anche come farmaco per calmare le coliche gassose dei neonati, dal momento che la flessibilità del legame silicio-ossigeno abbassa la tensione superficiale fino a manifestare proprietà antischiuma e antigas sui succhi gastrici. La modificazione dei corti gruppi metilici con altri tipi di catene può, invece, cambiare le caratteristiche dei siliconi fino a trasformarli in tensioattivi emulsionanti. Riepilogando, le principali categorie di siliconi sono quindi: polidimetilsilossani: costituiscono la maggior parte dei siliconi utilizzati nel mondo della cosmetica. Emollienti, filmogeni, danno un tocco leggero e asciutto ai prodotti che li contengono. Essendo antischiuma, aggiunti in piccole dosi alle creme, impediscono l' "effetto bianco" al momento dell'applicazione. Sono di tre categorie principali: - ciclici (le due parti terminali dello stesso polimero si condensano con formazione di un anello chiuso); - volatili lineari; - non volatili lineari; siliconi elastomeri: la loro struttura molecolare possiede ramificazioni e ponti che ne modificano il comportamento viscoelastico. Possono formare anche gel trasparenti; siliconi polieteri (copolioli): addizionando allo scheletro di base catene poliossietileniche e/o poliossipropileniche si aumentano le caratteristiche idrofile: questi derivati abbassano fortemente la tensione superficiale e possono agire da emulsionanti; fenilsiliconi: la sostituzione con gruppi fenilici modifica l'indice di rifrazione: si ottiene lucentezza e trasparenza nei prodotti da trucco. Migliora inoltre la compatibilità con le sostanze organiche; alchilmetilsilossani: si ottengono rimpiazzando alcuni metili dei metilpolisilossani con catene di carbonio con più di sei atomi: aumenta I'occlusività e la sostantività. Come ingredienti nei prodotti per capelli, forniscono corpo senza appesantire. Sono cerosi e sono spesso utilizzati anche come emulsionanti. In pochi anni siamo passati da cinque aziende mondiali produttrici di siliconi per i cosmetici a ben 23. Un recente censimento, secondo la nomenclatura europea dei cosmetici INCI, registrava 125 voci diverse. Secondo alcuni sarebbero troppi rispetto ai possibili utilizzi cosmetici, ma è proprio il crescente successo a determinarne un ulteriore sviluppo esponenziale: negli Stati Uniti ben il 30% dei prodotti cosmetici sul mercato contiene siliconi. Diffondendosi il loro uso viene a diminuire uno dei fattori che per anni ne hanno condizionato l'utilizzo: il prezzo, da sempre piuttosto elevato.
Tratto da “Cosmetologia - Guida visuale di Mauro Prevedello” edito da Tecniche nuove

FIDREN CREMA: Quando la soluzione è topica

Pelle che brucia, che tira, che si arrossa…pruriti, bollicine, disagi cutanei. Ora la soluzione è pratica ed efficace e basta davvero poco per ottenere un beneficio. A prova di pelle! Succede a tutti, e a tutte le età. Improvvisamente la pelle pizzica, si arrossa, tira e magari si desquama, perdendo elasticità e tono. Le cause? Possono essere molte e tutte diverse. Spiega la dottoressa Magda Belmontesi, dermatologa. “La pelle, a ogni età, è soggetta a disturbi differenti. In dermatologia è molto facile riscontrare soggetti la cui cute è facilmente soggetta a stati irritativi che vanno dalle dermatite da contatto (orecchini, anelli di metallo non idonei), alla secchezza cutanea originata da problemi ormonali, a patologie vere e proprie che possono aggredire per esempio la sfera genitale con vere e proprie vulvovaginiti o infezioni batteriche sia acute che severe.” BAMBINI, NEONATI E…ADULTI “Nel bambino – continua Belmontesi – si assiste spesso a problematiche a livello cutaneo. Tipica è la dermatite da pannolino che provoca non pochi disagi al piccolo, con sederino arrossato, pruriti, vere e proprie lesioni cutanee nei casi più gravi.”E non parliamo poi della sudamina che aggredisce anche gli adulti e si presenta sovente in estate o non appena il tempo si fa più caldo e umido. “Il neonato poi – aggiunge la dermatologa – può presentare anche problematiche di secchezza cutanea e vere e proprie orticarie causate da cambi di alimentazione, disturbi gastroenterici, intolleranze alimentari o vere allergie.” Anche noi adulti abbiamo la nostra parte di guai a livello di …pelle. Dalle infezioni ginecologiche – vulviti, secchezza vaginale, infezioni vere e proprie – a quelle urologiche come le balanopostiti batteriche o micotiche, senza contare anche i normali esiti di operazioni estetiche o trattamenti dermatologici. Spiega Magda Belmontesi: “ Dopo peeling particolarmente irritanti, o terapie topiche di una certa importanza – la laserterapia ambulatoriale per esempio - o trattamenti specifici anti-invecchiamento possono verificarsi reazioni cutanee che vanno dal gonfiore all’ematoma. Anche l’esposizione al sole senza particolari protezioni e alcune condizioni atmosferiche come il vento e il freddo estremo possono acuire problemi e patologie della cute, provocandone un’irritazione e altri fenomeni di intolleranza. In tutti questi casi l’intervento con creme a base di sostanze cortisoniche può generare - soprattutto se protratto nel tempo – una reazione cutanea di assottigliamento e secchezza destinato ad aggravare il disagio. Sorge allora l’esigenza di poter contare su un rimedio topico che possa dare risultati ottimali in poco tempo e in modo sicuro senza conseguenze di sorta.” I prodotti di questo tipo usano sostanze ad alto valore idratante e umettante. Molto usato, per esempio è l’Acido Jaluronico e vari principi attivi dalle spiccate proprietà anti-irritative.” Qualche esempio? L’Acido Alfa Lipoico, la Mimosa Tenuiflora, la vitamina E, la vitamina F, l’Allantoina, Pantenolo. Tutte soluzioni, insomma, che la moderna cosmesi di ricerca vanta ormai in prodotti a uso topico, appunto, non steroidei dalle spiccate proprietà anti-infiammatorie, normalizzanti, idratanti e lenitive. Una risposta sicura e completa a problematiche cutanee di diversa origine, perfetti per lenire sensazioni fastidiose e vere e proprie patologie senza costituire un problema per l’organismo. (vedi FIDREN crema della RPF)